Per il
MASsimario di Malinconico
I testi metaforicamente e sarcasticamente morali
sono parte integrante della educazione del popolo,
e chi sa farne dei convincenti può essere certo
di meritare le benedizioni di quanti
con tutte le potenze dell’anima loro
intendono alla difficile e delicatissima arte
dell’indottrinamento civico e giuridico,
ragione per cui questo “Blebb” di Alfonso Malinconico,
sottotitolato come “Variazioni su Massimario”,
oppure “Massim(magin)ario”,
ovverosia “Di qualche mistero della disgrazia e dell’ingiustizia”,
o anche “Alla ricerca del Massi(ri)mario perduto”,
ricerca illuminata qua e là dai lampi d’argento fuso
a cui s’oppone la rima baciata
e la cui valutazione spetta solo al giudice di merito
identificabile in un certo Carlino Marcello
(o Marcello Carlino?: da verificare),
che però rende manifesto il sintomatico rifiuto
di consegnare il passaporto rivelatore di una tendenza ostruzionistica
mimetizzandosi tra la mescidazione di un blob dadaista,
una esclamazione di riprovazione e di disgusto,
un neologismo inaugurale più serio di un gioco,
ed ha un bel dire l’esegeta nell’asserire che il gioco non finisce qui,
e nell’alludere metalinguisticamente, all’unisono con l’autore,
alla letteratura, che lavora anch’essa di codici per poterli rivitalizzare,
per restituirli ad una più degna funzione,
per riempirli di novità di significazione, di conoscenza,
di lettura del mondo
ravvisabile ad esempio
fra le donne di Picasso a braccia alzate con gesto di minaccia
e le madri che sono tornate serene ad accudire i pargoli,
con beneplacito di Gesuiti e Giuristi Cattolici,
ma c’è anche la piovra nera, c’è il risarcimento dei danni,
c’è la determinazione della pena, c’è la massima consolidata e aggirata,
c’è soprattutto la deprecata e distanziata Corte Suprema di Cassazione,
c’è un testo, articolato e comparato sinotticamente, verbale-visivo che
rimanda forsennatamente – con procedimenti speciali – a delle immagini
visivo-verbali,
e dunque come può un lettore attento e acuto non sentirsi
“logicamente”, attratto già a prima vista dal “Blebb-Massimario” diAlfonso,
dalle cui pagine
fanno capolino Lautréamont, Marinetti, Apollinaire, Gadda e compagnia
bella… trasudano umori di farfalle frustrate
private dei principi generali
sul legittimo interesse? come può il sunnominato non sentirsi
“logicamente” intrigato in questo “Blebb”, tecnologico e verbo-visivo?,
seppure “logicamente” si fa per dire… si fa tanto per dire…
e magari sarà anche vero che “la logica è figlia del buon senso”,
come succintamente (saccentemente…) asserì al tempo dei tempiAristotele
citato in giudizio proprio in apertura dall’autore,
ma mettendo da parte il brav’uomo, un padre certamente putativo,
è proprio sulla condotta della madre, donna alquanto volubile e versatile
negli amplessi in tempi in cui non incombeva la prova paterna del DNA,
che si nutre ormai in merito qualche perplessità, perplessità che marcatamente
adombra proprio quella figlia – “logica” o sedicente tale –
tenuta giustamente alla larga
dai più veraci artisti, scrittori e critici,
nel cui novero “legittimamente” vanno inscritti l’autore qui in oggetto,
il suo primevo esegeta (vedi sopra)
e l’intrufolato sottoscritto
Lamberto Pignotti