fra’ Giordano Bruno redivivo: l’eresia e il plurilinguismo

Intervista di Davide Castronovo
a Fabio D’Ambrosio (editore e realizzatore di opere multimediali)
e a Marisa Napoli (esperta in Retorica, studiosa e docente di Letteratura italiana

Certo che meglio è una degna et eroica morte, che un indegno et vil trionfo
Giordano Bruno, De gl’Heroici Furori

Il “Fra Giordano Bruno Redivivo” di Gaetano delli Santi e Fausto Pagliano, edito da Fabio d’Ambrosio, certamente non è un libro da poter essere dimenticato o sottovalutato. L’intervista che segue ha lo scopo di scavare per rinvenire le fondamenta di un lavoro che si presenta da subito come denso, intricato, energico. Sinteticamente, come un corpo vivo. Questo corpo sta a malapena nel libro in questione. Esso trasborda: dalla pagina, dal testo, dai grafemi e dalle lettere. Insomma, non ci sta in se stesso. Cercheremo allora di cogliere di sbieco la vitalità propulsa da quest’opera attraverso le osservazioni di Marisa Napoli, che del testo è già stata acuta critica, e i racconti di Fabio d’Ambrosio, colui senza il quale l’alchimia non si sarebbe fatta materia. I due co-autori (delli Santi, portentoso poeta e critico d’avanguardia, è il generatore della fonte di ispirazione di Pagliano, meticoloso e criptico artista che ha reso la parola segno) li lasciamo da parte. Avremo modo di affrontarli direttamente e arduamente pagina dopo pagina per l’intero libro.

Fra’ Giordano Bruno è tornato su questa terra. Ed è subitamente sottoposto al tribunale dell’Inquisizione. Di nuovo è accusato di eresia: i capi di accusa sono presentati rapidamente per bocca dei nove mostruosi inquisitori, ma essi fungono nell’economia del testo solamente da incipit per introdurre Bruno come figura eretica per eccellenza. Bruno non è qui personaggio storico. È redivivo e in quanto tale è la sua presenza combattente quella che si esprime attuale nel testo con le parole infuocate di colui che è in lotta contro il mondo e scientemente affronta un’impresa che costa la vita. Perciò impreca, grida, accusa, inveisce con la sublime violenza che scuote la banalità incatenante le ricchezze infinite dei pluriversi al dogma e alla miseria morale. Bruno ormai non ha da fare più discorsi elevati, perché si è caricato della decisione estrema di una morte dignitosa. Egli ha dismesso i linguaggi della cultura ai quali ha donato se stesso e dai quali è condannato per l’umanità troppo umana che al fondamento li intesse. Egli bruciax e sono le voci tradite e scordate, le urla a squarciagola di quanti si ribellano, è l’infinito proliferare della materia pulsante che si oppone alla produzione geometrica e mortifera della conformazione e dello scempio inaudito ma troppo udito della comunicazione mediale che crapula sulla tragedia ripetuta. E “or è l’albax è l’ora in cui li dii ragnatéli falsìficano financo l’oche”1. Rimaniamo noi a questo, quotidianamente.


All’editore Fabio d’Ambrosio

Come è nata, considerata la sua intensa attività in ambito multimediale, l’idea di fondare una casa editrice anche per testi cartacei e di pubblicare un libro così complesso e fuori da ogni genere?
È proprio per l’intensa attività in ambito multimediale che per me è stato naturale l’idea di portare avanti un discorso editoriale, in quanto credo che il libro sia il primo supporto multimediale per eccellenza. Sicuramente è una provocazione, nel senso che, in un’epoca nella quale la multimedialità è associata con grande forza al supporto tecnologico, la provocazione di lavorare in un ambito multimediale utilizzando un medium così vecchio come il libro, anzi forse il primo medium in assoluto, consiste in un lavoro di riscoperta delle possibilità di comunicazione a partire dal “supporto base” : è una provocazione molto forte nei confronti di chi utilizza strumenti e possibilità decisamente superiori a quelle che tutto sommato è in grado di saper gestire.

A mio avviso, ma lo affermano anche critici e letterati, questo libro è sicuramente frutto di un lavoro coraggioso. Che cos’ha significato per lei compiere una operazione così coraggiosa e oltraggiosa nei riguardi della letteratura contemporanea?
Per me ha significato sicuramente portare avanti un testo di grandissimo fascino. A suo modo il testo di delli Santi è una riscoperta linguistica molto forte; era quindi inevitabile associare questo tipo di scrittura a un discorso prettamente multimediale in quanto lo ritenevo già confezionato per questo.

Quando afferma, durante il dibattito alle presentazioni del libro, che il “Giordano Bruno” da lei edito riprende ciò che era il libro ai tempi dei codici miniati, quando fa notare che oltre ad un libro ciò che si sta prendendo in mano e si sfoglia è innanzitutto un oggetto da toccare e guardare, cosa intende? Posso evitare, godendo delle sole immagini, di leggere quanto scritto?
Perché il codice miniato oggi potrebbe essere elemento artistico di grande attualità? Che ci vede che possa riferirsi, come lei stesso afferma, alla pubblicistica?

Quello che ritengo importante nell’operazione di “Giordano Bruno Redivivo” è il tentativo di riscoperta di ciò che il libro è sempre stato fin dalle origini. Per questo ci siamo mossi a cercare un discorso di illustrazione, di corollario grafico, che potesse supportare il discorso di scrittura. Per farlo ci siamo ispirati a quello che era al suo inizio l’editoria, che lavorava su miniature, candelabre, accessori grafici e pittorici. Con l’operazione di riscoperta linguistica di delli Santi l’operazione di riscoperta grafica nasceva in qualche modo spontanea, quasi ad avvalorare la naturale opportunità e il naturale svolgimento del lavoro.
Sicuramente il libro è un oggetto che si presenta da sé, nel senso che, paradossalmente, pur essendo diventato un libro che esce dagli schemi tipici editoriali ai quali siamo abituati, si inserisce bene in un contesto pubblicistico, perché se la pubblicità è linguaggio immediato, allora questo è un libro che nelle nostre intenzioni vorrebbe parlare di sé prima ancora che il lettore cominci a leggerlo. Infatti, il linguaggio grafico può esser letto da solo e lavora su un piano parallelo rispetto a quello della scrittura.
Riguardo all’attualità del codice miniato, esso è elemento artistico di grande attualità per il richiamo al Barocco, che si innesta nella nostra epoca, nel senso che in questa, così come durante il Barocco, abbiamo a che fare con strumenti che ci colgono impreparati; inoltre, la ricerca del particolare del codice miniato si richiama alla ricerca del particolare nel Barocco. Questo discorso di ricerca abbiamo intenzione di approfondirlo.

Per la presentazione del libro lei stesso ha realizzato un video, dall’omonimo titolo, in collaborazione col regista cinematografico Claudio Pappalardo e la partecipazione di Giacinto Palmarini e Daniela Ciarrocchi, attori che recitano brani estratti dal testo del “Giordano Bruno redivivo”. Nel video ha fatto ricorso ad immagini tratte dal testo e rivisitate interamente attraverso tecniche multimediali, che ha montato con spezzoni e collage estrapolati da immagini drammatiche riguardanti l’attualità, frammenti di film anche esplicitamente erotici e diapositive di figure anatomiche delle cere conservate al Museo della Specola di Firenze. Nel complesso il video emana un’atmosfera vicina al neo-gotico e al cyber-punk. Esiste tale atmosfera anche nel libro?
Il video nasce essenzialmente con l’intenzione di fare diventare il lettore spettatore, in un palcoscenico ideale di sperimentazione immediata, della forza comunicativa della scrittura di delli Santi. Per questo abbiamo provato a muoverci allo stesso livello degli interventi grafici che nel libro accompagnano la scrittura, in modo da raccontare la lingua scritta, che nel libro è associata alla grafica, con la lingua recitata degli attori supportata dal linguaggio pittorico, che nel video non poteva che essere grafica multimediale.
Quanto all’atmosfera che lei coglie nel video, non so se sia la stessa del libro. Si tratta di due linguaggi diversi e come tale è difficile riuscire a individuare delle similitudini riguardo alle possibili atmosfere emanate e dal video e dal testo. Credo che ci sia una continuità di atmosfera tra libro e video; probabilmente il riferimento al cyberpunk o al neogotico che lei coglie è dovuto al movimento, che per ovvie ragioni risulta più accentuato nel video piuttosto che nel libro; in realtà il tutto nasce dalla stessa elaborazione che si sofferma con grande attenzione sulla ricchezza del particolare.
Fatta questa premessa, relativa ai limiti e alle potenzialità evocative di ciascun medium e linguaggio, direi che il video utilizza degli elementi anche molto ruffiani, per così dire, nel senso che questa tipologia di animazione grafica ( queste vertigini di movimento nell’ambito di lavori così complessi, fitti, pieni di riferimenti alle scritture ) è chiaro che è un gioco che coinvolge lo spettatore e fa il verso alla ricerca spasmodica di effetti speciali che ormai ci vede quotidianamente come spettatori, quando guardiamo la televisione o andiamo al cinema.
In realtà, una differenza sostanziale c’è: sicuramente il video mette in rilievo in modo assai più esplicito l’aspetto tecnologico, che nel libro non è mostrato allo stesso modo, in quanto qui la tecnica doveva rimanere dietro il messaggio portato avanti. Nel video necessariamente l’aspetto tecnologico viene posto in risalto, perché è proprio della costruzione stessa del video l’utilizzo della tecnologia. Se nel libro l’abbiamo voluto nascondere, nel video l’abbiamo voluto evocare, mostrare, perché ritenevamo che qui questo utilizzo fosse d’innovazione. L’innovazione sta nella caratteristica induttiva e non descrittiva dell’utilizzo tecnologico: con ciò mi riassocio a quanto detto poc’anzi sulla ruffianità: non ci siamo limitati a un gioco di vertigini e movimenti repentini, ecc. ecc., ma volevamo portarci in un ambito di ricchezza grafica e di animazione inedito. Il fatto che non appena si veda il video ci si ricolleghi all’utilizzo massiccio della tecnologia ci piace, perché lo rilanciamo, lo approfondiamo e lo mostriamo senza vergogna, cosa che invece nel libro era secondario. Nel video l’utilizzo tecnologico diventa l’elemento neobarocco sul quale andiamo a lavorare e ci fa piacere sbatterlo in faccia in questa maniera ruffiana.

Perché lavorare così sul mezzo tecnologico, come elemento costruttivo ed estetico?
Perché credo che finalmente nella nostra epoca l’elemento tecnologico debba diventare necessariamente un elemento comunicativo grazie soprattutto all’elemento pittorico. Abbandoniamo finalmente la tecnologia come fine a se stessa: non è più robotica o effetto speciale, ma elaborazione della scrittura pittorica che valorizza il contenuto nato dalle candelabre del libro. Per me è la quadratura del cerchio.

Quali sono le strategie etiche, visive, linguistiche e concettuali che accomunano il “Giordano Bruno Redivivo” e il video da lei realizzato? Di quali armi vi siete muniti, considerata l’intenzione espressa nella deposizione degli autori (scritta da delli Santi) innanzi all’inquisizione culturale posta a premessa del testo, di “soverchiare il linguaggio della pistola”?
Se di strategie comuni vogliamo parlare, credo che la violenza e la provocazione siano l’elemento in comune al libro e al video. Sia nel libro che nel video abbiamo portato avanti un discorso di trasgressione forte che potesse essere riconducibile alla potenza del discorso innovatore di Bruno.
Il libro è una risposta al potere, il video è lo stesso, nel senso che si muove nella maniera più radicale possibile contro quanto c’è di conformista e precostituito. Per esempio, la scelta delle sequenze del G8 di Genova alle spalle del cardinale che legge i capi di imputazione è il riferimento costante al potere e la sua parodia. Stessa idea per le immagini della Specola, anch’esse alle spalle del cardinale che legge i capi di imputazione; qui la scelta di immagini è motivata dalla ricerca di riferimenti connessi alle torture: i corpi scuoiati, nati da un intento scientifico, perché le cere della Specola hanno questo intento, noi le abbiamo utilizzate per sconvolgere lo spettatore con qualcosa di orrendo quanto ciò che il cardinale sta leggendo.

Diversamente, per la sequenza delle meretrici abbiamo scelto delle immagini apparentemente in aperto contrasto con quanto le meretrici dicono, pur essendo invece perfettamente in linea con quanto viene detto. Il linguaggio pornografico è un linguaggio che è molto direttox

Si può parlare di fine della simbolizzazione e del desiderio come tensione al raggiungimento dell’oggetto? Quando ti vengono schiaffati in faccia pezzi di corpo come quelli anatomici o atti sessuali puramente meccanici?

Si’, c’è il richiamo alla “fiera del pesce”: il risultato di anni di pubblicistica condotta in un modo spropositato, sempre alla ricerca di qualcosa che stupisse, ha fatto sì che la mercificazione del corpo sia arrivata all’estremo. Nel momento in cui le meretrici cercano di sedurre Bruno, il linguaggio pornografico ci è sembrato essere il più vicino a un tipo di seduzione superficiale, legata a un linguaggio ipercodificato, bell’e che pronto. La seduzione operata della pornografia è quella di una cosa già confezionata. È come se noi fossimo abituati a comunicare su differenti binari e ogni qual volta ci spostiamo su un nuovo binario, quello è il nuovo linguaggio e in quell’ambito ci dobbiamo muovere con delle specifiche regole. Il fatto di utilizzare già due linguaggi diversi porta immediatamente a un cortocircuito, perché raramente vengono utilizzati due linguaggi nell’ambito di un medesimo lavoro. Mi viene in mente “Natural Born Killer” di Stone: l’idea geniale di questo film è di mettere insieme tutti i registri che possiamo trovare nella televisione, dalla situation commedy al linguaggio cronistico al musical, ecc.. Credo che la nuova frontiera dei media consista nel superare l’isolamento di ciascun linguaggio, poiché se, inizialmente, quando si aveva a che fare con un nuovo format si doveva trovarne il linguaggio adatto, ora che questi linguaggi sono talmente assunti il linguaggio stesso è diventato la presentazione di ciò che si va a sentire, e questo porta via immediatamente il novanta per cento della capacità comunicativa di ciò che vai a dire e o sentire.

Dice, quindi, che c’è più una prevalenza della codificazione e della formalizzazione rispetto al contenuto, il che è tipico della pubblicità?
Sì; questa intervista mi è utile a capire quanto è stato realizzato e che nel mentre era in atto non emergeva in quanto il flusso creativo nasceva più da un istinto.
È importante utilizzare registri in correlazione al messaggio che si intende comunicare; quindi, se ci troviamo di fronte a una situazione nella quale è utile utilizzare il linguaggio, per esempio, della cronaca, non vedo perché il tutto non possa essere adeguatamente funzionale al messaggio che si vuole proporre. E quindi, tornando al video, perché non utilizzare sequenze pornografiche in relazione all’intenzione seduttiva dell’arte, della filosofia, della scienza e della teologia che stanno cercando di sedurre Bruno, se è quanto nella pornografia o nello spettacolo televisivo del sabato sera si cerca di fare?

Il video termina con una sequenza tratta da Fahrenheit451 di Truffaut, ispirato all’omonimo libro di Bradbury, da cui tra l’altro aveva ricavato il nome della sua agenzia di comunicazione multimediale. Partendo da questi contenuti, quali sono gli incendiari oggi? A che livelli agisce oggi la censura? In chi, invece, individua i Montag, eroe dissidente del libro menzionato, e i “vagabondi all’esterno e biblioteche dentro”, che egli incontra accampati lungo i binari di una ferrovia abbandonata?
Io credo che siamo arrivati al punto tragico in cui non c’è più un soggetto che agisce da censore. Il problema è che siamo in un momento storico nel quale i prodotti che ci vengono propinati attraverso i media vengono epurati in modo tale da avere la maggior capacità possibile di essere commercialmente validi. C’è una sorta di regola, la più grande e la più terribile censura che ci possa essere, che non è riconducibile a un soggetto che ha una propria idea, ma ad un sistema che è fondato sulla diluizione del messaggio: più si riesce a uniformare il messaggio rispetto alle aspettative dello spettatore e più il tutto è commercialmente interessante. Cosa che è paradossale, nel senso che: che senso ha lavorare su un messaggio quando necessariamente non puoi lavorare su qualcosa di nuovo, perché se ti muovi su qualcosa di nuovo diventi difficilmente comprensibile?

Me lo dica lei, visto che lavora proprio per questo!
Nel video e anche nel libro abbiamo cercato di utilizzare un linguaggio che portasse nella violenza, non esagerata né fine a se stessa, della nostra sperimentazione alla riscoperta di potenzialità espressive che diversamente non avremmo trovato nel momento in cui ci fossimo attenuti all’esistente.

È un rischio
Mi viene da ridere, perché è come sparare sulla Croce Rossa: è talmente facile muoversi fuori dal seminato che nel momento stesso in cui abbiamo cominciato a lavorare ci siamo trovati subito nella novità.

Tornando alle analogie con Fahrenheit451, in chi individua i Montag di oggi?
Io non voglio cadere nella banalità della visione eroica di chi si pone in antitesi rispetto all’omologazione massificante del linguaggio mediatico. Ripeto, è come sparare sulla Croce Rossa. Siamo in un ambito nel quale è talmente facile porsi in antitesi che facilmente si impoverisce quello che è l’antitesi stessa e credo sinceramente che ciò sia da evitare tanto quanto l’omologazione. Quando si va alla ricerca dell’antitesi come unica necessità, senza porre attenzione alle scelte stilistiche e di messaggio, ma semplicemente ci si muove per fare qualcosa di altro, si sbaglia come quanti stanno nell’omologazione. Sono esattamente insensati allo stesso modo. E ciò è banale: qualunque rifiuto senza un senso profondo di comunicazione è senza un senso proprio, è una reazione non elaborata da un’opportunità di significato e di espressione.

Quindi più che di antitesi, si può parlare di recupero della memoria?
Diciamo che la nostra manovra si inserisce nella nostra filosofia neobarocca di ricercare strumenti, registri e modalità espressive che possano in qualche modo fornirci la possibilità di essere più incisivi. Quindi, per far ciò, non solo attingiamo a piene mani dal patrimonio del passato, non solo cerchiamo di utilizzare le nuove tecnologie in modo da valorizzare il messaggio che vogliamo proporre, ma cerchiamo soprattutto di farci assorbire dalla vena creativa senza alcun tipo di preclusione nei confronti di registri che dovrebbero apparentemente venire utilizzati in altri contesti, solo e soltanto perché esistono regole strette e rigide che vogliono rendere tutto più semplice e comprensibile. Noi utilizziamo la trasgressione per ottenere una più densa comprensione: cerchiamo di sovvertire la regola che dice <<più omologazione più successo>>. Sto cercando di spiegarmi il perché del Panariello Show al sabato sera: allora, il Panariello Show del sabato sera non fa altro che utilizzare cose, diciamo eufemisticamente, trite e ritrite, sono macchiette che Raimondo Vianello e Sandra Mondaini proponevano cinquant’anni fa sicuramente meglio. Quindi, perché questo spettacolo fa successo e viene proposto come spettacolo di successo, se non fa altro che riproporre cliché e modalità preconfezionate e predigerite? Ragionandoci arrivo a questa conclusione: il prodotto viene definito di successo e ha un certo tipo di successo se non fa leva su questioni innovative o di difficoltà nella comprensione e nella ricezione di messaggi; è come un orgasmo: ci si inserisce sempre sullo stesso binario, perché essere su quel binario lì è confortante, rilassante, non c’è bisogno di seguire ogni parola perché tanto non c’è nulla da capire di nuovo, e quindi questo tranquillizza lo spettatore, e chi studia questa tipologia di programma cerca questo atteggiamento per rendere il programma il più appetibile possibile. Questo è applicabile sia nell’editoria che in qualsiasi altro ambito. È la legge di mercato. Per cui, tornando alla domanda iniziale: chi sono i censori? Io credo che sia la legge del mercato, interpretata in modo non creativo: si ha paura di sperimentare delle cose nuove, perché si vuole ottenere un riscontro economico immediato.

Quale integrità morale ci inspira Bruno redivivo?
È la filosofia del non fermarsi, la naturalezza del sovvertire le regole già costituite non appena si vuole spiegare qualcosa di impegnativo e si cerca il linguaggio e lo strumento che più si presta al proprio messaggio.

Ma qual è questo messaggio?
Il messaggio è che non ci sono regole, cioè il segreto di qualunque tipo di estro e di ricerca comunicativa è che siamo in un ambito di talmente forti potenzialità tecniche (è per questo che siamo in un’epoca neobarocca), ma scarse capacità di utilizzo dei mezzi, che non c’è da far altro che sperimentare, sempre sempre sempre, non limitandosi al discorso dello shocking, del facile stupore fine a se stesso. Le regole ce le si crea di volta in volta.

Secondo lei, è l’intedisciplinarietà l’orizzonte di una nuova avanguardia?
Grazie per la domanda. La mia personale avanguardia, grazie alla sinergia con delli Santi, Pagliano e Pappalardo, è quella di catalizzare le differenti capacità espressive. Faccio una breve considerazione storica: l’avanguardia ha sempre lavorato sull’interdisciplinarietà. Noi siamo quindi in continuità con l’avanguardia come modus operandi. Io credo: uno, che il mio compito sia stato quello di operare questo tipo di lavoro sinergico e di scambio; due , che la sinergia sia il presupposto fondamentale dell’utilizzo delle nuove tecnologie, dato che viviamo in un’epoca nella quale musica, video, grafica, movimento, regia cinematografica, ecc., sono talmente sviluppati e complessi che occorrano necessariamente la sinergia e l’intersemiosi per creare e comunicare un messaggio valido: non ci sono altre strade. Questo è il motivo per cui il video è nato su elaborazioni grafiche fatte con un pittore, grazie all’interpretazione di attori, con la sinergia e la collaborazione di un regista cinematografico e l’elaborazione di uno scrittore e ciascuno di questi personaggi ha fatto solo quello per cui è altamente competente.

La XIV Rassegna Internazionale del Festival Mediterraneo tenutasi a Bisceglie questo agosto ha dedicato al libro l’evento speciale. Sia il libro che il video hanno avuto successo, tant’è che il video fu proiettato nuovamente in un’arena davanti a un pubblico di 4000 persone e in presenza di ben 30 paesi non solo appartenenti all’area mediterranea, come ad esempio la Cina. Il successo l’avete ripetuto a Milano, dove non è raro trovarsi alle presentazioni di un libro davanti a un pubblico di soli 4 uditori ed è già un successo averne una trentina. Alla vostra presentazione il pubblico era composta da 200 persone tra letterati, poeti, critici, docenti superiori e universitari, studenti, giornalisti, artisti e curiosi.
A cosa è dovuto, secondo lei, tale riscontro favorevole? Come intenderà nuovamente presentare il libro e il video? A quando le prossime presentazioni?

Quello che definisce come successo è stato probabilmente ottenuto dall’interesse per un’opera che si presenta programmaticamente come intersemiotica: il lavoro di delli Santi già da sé suscita sempre l’attenzione dei più attenti ricercatori letterari, figuriamoci se arricchito da una elaborazione grafica eccellente. Inoltre, la novità di associare un video a un libro è stato una componente di ulteriore attrazione; in più, insisto, uno degli elementi di forza alla base di questa operazione sta nel fatto che tutto sia nato nella maniera più naturale possibile: non c’è mai stato in noi il desiderio di realizzare a priori un video, un libro o altro. Il tutto è nato naturalmente e questo è tanto potente che lo si percepisce subito, tant’è la reazione favorevole del pubblico.
Le prossime presentazioni, in virtù delle precedenti esperienze del Festival Mediterraneo e della Libreria Tikkun di Milano, le porteremo avanti sulla falsariga della premessa di delli Santi al libro, e cioè sarà una sorta di processo inquisitorio del pubblico agli autori, per cui questi dovranno difendere il proprio agire artistico.
Altre presentazioni saranno a Milano all’Accademia di Belle Arti di Brera e alla FNAC, a Genova, Roma ed in altre principali città.

Quali sono i progetti editoriali e creativi di cui questi lavori sono solamente il primo passo?
A questo punto è come con una donnax insomma, noi siamo rimasti sedotti dalle potenzialità di questa sinergia tra pittura, scrittura, video, recitazione, ed è proprio per questo che stiamo preparando la versione teatrale del Giordano Bruno redivivo, con la regia di Claudio Pappalardo, quasi come ultimo atto del processo creativo intorno a Bruno, e probabilmente potranno essercene altri. L’altra sera parlavo di questa intenzione ad un amico, al che mi ha risposto: perché ancora su questo personaggio? quando ti deciderai a lavorare su altro? La provocazione mi ha divertito, anche se mi ha un po’ infastidito , perché, se in effetti è vero che è da un anno che siamo ‘fermi’ su Bruno, è anche vero che abbiamo elaborato delle formule e modalità espressive che dal libro, che era un lavoro teatrale, ci ha portati al video. Ovvio che adesso vogliamo ritornare al teatro.
Parallelamente stiamo seguendo una serie di altri progetti sia in campo cinematografico e documentaristico che editoriale. Stiamo preparando infatti un documentario sulla vita dello psichiatra Israeliano Cohen, con la collaborazione dello stesso Cohen, ed un lavoro cinematografico sulla differenza dei registri recitativi dell’attore di cabaret e dell’attore drammatico (sempre con la regia di Claudio Pappalardo).
In campo editoriale delli Santi sta preparando almeno due testi incentrati sul barocco, nei quali i registri del testo didattico, del romanzo, del dialogo si intrecciano e si alternano.

Isomma, continuate a seguirci che ne vedrete delle belle…

Alla critica letteraria Marisa Napoli

Come leggere il libro? Con che spirito occorre confrontarsi con gli infiniti “universi linguistici” e grafici interrelati?
Proprio perché polisemico, prospetto tre modalità di approccio.
È un libro oggetto: si tocca, si sfoglia, si palpano i segni grafici, si fa ciò che si vorrebbe fare (ma è vietato) con gli antichi codici miniati. È una modalità di approccio al testo che attraversa i sensi, conquista col fascino del mistero, sollecita la curiosità e l’intelligenza.
È un libro d’arte: ci si accorge subito che è oggetto costruito ad arte, artificiale (artem facere): non sfugge cioè che è stato fatto con perizia, ricerca, progetto; niente è lasciato al caso; immediatamente si coglie omologia di forme tra segni grafici e segni verbali: ci si immerge nelle volute labirintiche della grafica di Pagliano così come nei meandri dei versi di delli Santi, ora oscuri e contorti, ora luminosi e rettilinei nella foga dell’invettiva, che come freccia raggiunge il bersaglio. “Ogni pagina è un’opera”, dice Francesco Muzzioli, nel risvolto di copertina.
Infine, libro come documento stratificato di archeologia linguistica e per questo polisemico. Ci imbattiamo in parole mai sentite, che pure ci toccano o perché provocano fastidio o perché evocano sensazioni o addirittura rabbia. Dimenticando per un momento il livello del significato, come dice Muzzioli, proviamo a recepire il senso facendoci pervedere dal gesto testuale che “ci invade, ci preme e, per l’appunto, ci sfida con intenzioni aggressive e polemiche”. Reagiamo in ogni caso, grazie a meccanismi linguistici che ci trascinano nella colluttazione col testo. Per esempio, la sinestesia (dal greco syn, insieme, e aisthànomai percepisco, figura di significato che consiste nell’accostamento di termini che rimandano contemporaneamente a più di un senso (l’udito e la vista, il tatto e l’olfatto), ci aggancia fisicamente e ci mette in comunicazione col senso profondo del testo, al di là della comprensione intellettiva dei significati. Oppure il gioco delle assonanze, delle allitterazioni, che martellando fanno rimbombare il senso di oppositività, che provoca le intelligenze, scuote le coscienze “Ogni concetto di Bruno è dato da parole che scoppiettano come tanti tizzoni ardenti nel fuoco dei propri suoni. E ogni suono di quelle parole ci convoglia visibilmente a immagini che non conducono in nessun luogo, ma solo nella voga di un accento interiore insolitamente proveniente da tanti luoghi”3 In questo senso anche il rifiuto del testo, la censura può essere segno che questa lingua feroce, è comprensibile e citando ciò che delli Santi dice della lingua ‘bastarda’ di Bruno, è ” capibile dopo che ha azzannato. Quindi, lingua giustiziabile per eresia”

Nella deposizione degli autori davanti ad un probabile tribunale culturale, scritta da delli Santi a premessa del libro, l’inquisitore critica l’interdisciplinarietà come tecnica bella e consumata. Come avvocatessa difensore, sebbene in un tribunale del genere della S. Inquisizione per difensori non vi fosse spazio d’alcun genere, quali ragioni addurrebbe per l’operazione che tanto rischiosamente ha portato a quest’opera?
Nella scuola constatiamo quotidianamente la difficoltà di dare la giusta interpretazione al concetto, prima che alla pratica dell’interdisciplinarità: non si tratta né di pluridisciplinarità né multidisciplinarità, che rimandano solo a situazioni di convergenza disciplinari per giustapposizione. L’interdisciplinarità, superando la semplice convergenza di più discipline, opera delle sintesi organiche in un unico progetto. L’operazione di questo libro è interdisciplinare perché sintesi della creatività di questi tre artisti, il poeta, il pittore, l’esperto di multimedialità. L’elaborazione del video collegato al libro esalta il carattere multimediale insito già nel libro stesso: all’interno del codice multimediale i vari linguaggi superano la semplice giustapposizione spazio temporale e si fondono in un messaggio unico e complesso, sintesi di soluzioni eterogenee e creative. Il testo di Gaetano delli Santi e Fausto Pagliano, edito da Fabio D’Ambrosio è testimonianza di tutto ciò. Per questo per me può essere considerato addirittura l’allegoria di interdisciplinarità, proprio secondo l’accezione di Bettini, docente all’Università di Roma e critico della letteratura d’Avanguardia, che definisce l’interdisciplinarità anche sinestesia, ovvero confronto e interazione tra il linguaggio della poesia e i linguaggi delle arti (pittura, musica, teatro, cinema, ecc.) e intersemiosi, ovvero rapporto di passaggio e di osmosi tra codici diversi. Il rapporto tra i codici, dunque, è di complementarità, non di alternativa e semplice aggiunta.
Quali ragioni dunque addurrei per ritenere valida l’operazione? In un mondo in cui predomina l’interrelazione dei linguaggi questo testo è attuale sia per la modalità linguistica, sia per la forza dei contenuti.

La scrittura di delli Santi è una scrittura Altra, perché mobilitata a incriminare innanzitutto se stessa in quanto strumento di manipolazione. In cosa consiste l’alterità di tale scrittura?
L’alterità della scrittura di delli Santi emerge dal suo porsi contro la piattezza della lingua della quotidianità, la desemantizzazione della lingua dei mass media che provoca l’assuefazione e la perdita di senso. L’opera di archeologia linguistica di delli Santi ci restituisce un patrimonio perduto in tutta la valenza semantica, anche se a primo acchito i significati ci sfuggono. Se poi li andiamo a ricercare, per ogni parola è un poema. Quindi la cifra dell’alterità è la polisemia e la risemantizzazione del linguaggio, rispetto al vuoto e alla banalizzazione delle lingue della comunicazione di massa.

Quali sono le caratteristiche in comune tra la scrittura avanguardistica di delli Santi ed il manierismo, che ricorre per esempio nella copertina elaborata da un dipinto dell’Arcimboldo?
Più che di manierismo parlerei di barocco. Il manierismo ripropone i canoni della tradizione esasperandoli maniacalmente; dove era armonia porta la disarmonia, squilibra l’equilibrio, ma non si pone fuori dalla tradizione. Il barocco sì, ricerca nuove forme e nuovi linguaggi, sperimenta nuovi generi ponendosi in maniera inequivocabile al di fuori della tradizione. In questo senso il Giordano Bruno redivivo è un fenomeno neobarocco, come il linguaggio di Bruno è più barocco che manierista. Lo stesso delli Santi nel saggio sopracitato conferma il carattere barocco della lingua di Bruno4: ” Le torsioni inquietanti, tragicamente espanse dallo stile barocco, professano la fabulazione tragica di curvature compassate buttate contro volute ascendenti e discententi che, con movimenti imperativi, depositano nello spazio una segreta fierezza di turbinamentox E a corollario di codesto discorso basti citare il Longhi: “Il Barocco non fa che porre in moto la massa del Rinascimento; la liscia facciata di chiesa, una tavola di pietra spessa e robusta s’incurva pressa da una forza gigante. Al cerchio, succede l’ellisse. Cerchio è staticità abbandono riposo. Ellisse è cerchio compresso, energia all’opera, movimento (42)xLe parole (come masse aggettanti barocche) si urtano per separarsi, si separano per congiungersi. Simili a tante pietre che rotolano spinte dalle forze motrice di un fiume, si ordinano seguendo la corrente, smaniose di sentire le loro contusionix(43) L’ellisse insomma esprime (inequivocabilmente) economicamente l’infinito, perché è in grado, tramite uno spazio limitato, di darci la sensazione di uno spazio illimitato (44).
Ciò dimostra la perizia con cui Gaetano da anni studia il filosofo nolano e quanta attenzione ponga alla sua lingua. Il risultato è una sorta di mimetismo linguistico per cui anche nel Giordano Bruno redivivo si può riscontrare ciò che si dice della lingua di Bruno: “geometrie labirintiche gremiscono la frase, filtrandola attraverso inquietudini che assorbono la parola per immetterla in giungle di tensioni filamentose. Ogni sua frase è combustione brutale di scatti, ipersensibilità bituminosa di metamorfosi5.

Cosa c’è di analogo tra la nostra epoca disseminata e dispersiva, di cui la scrittura di delli Santi è portatrice in senso potentemente antagonistico, e il periodo storico-culturale tra manierismo e barocco?
Sono due momenti di crisi. Antagonismo forte e radicale, atteggiamenti di opposizione a spinte controriformiste; rottura con la tradizione e i canoni; ricerca di nuovi linguaggi; sperimentalismo; caduta o riduzione dell’antropocentrismo; policentrismo; ecc.

Quali altri radici storico-culturali rinviene nella scrittura pluristratificata dell’autore? Potrebbe tracciarne una genealogia?
La conoscenza profonda del fenomeno barocco, la profonda cultura dei movimenti d’avanguardia, in particolare Surrealismo. Il pensiero laico. La critica al potere soprattutto della Chiesa. Ma soprattutto l’amore della lingua in tutte le sue forme, codici, generi, sottogeneri, registri, gerghi.

Molti termini che compongono il variegato e complesso linguaggio plurale del “Fra’ Giordano Bruno Redivivo” sono tratti dai gerghi giovanili. In quanto insegnante di letteratura italiana in un Liceo scientifico e collaboratrice esterna dell’Università Cattolica, ha ritrovato nel testo espressioni utilizzate tra i suoi studenti? Crede che gli studenti possano sentire proprie le parole del testo? Crede che sentendosi vicini, se non addirittura identificandosi, con le grida rabbiose dei massacrati che esplodono durante la lettura, siano stimolati alla ribellione contro la “zelante mannaia capitalistica di gagliardi macellai”?
Il gergo dei miei studenti è piuttosto legato alla mode consumistiche. Ecco un esempio di gergo tratto da una E-mail di un mio studente.
“VA BE CMQ IO AMMETTO DI AVER SBAGLIATO,MAGARI UN POKINO,
Xò SAI PENSO KE CERTE PERSONE DOVREBBERO KAPIRE KE SBAGLIANO,KE HANNO SBAGLIATO E KE CONTINUERANNO A SBAGLIARE SE NN CAMBIANO.
KE PRIMA DICONO DI ESSERE O DI VOLER ESSERE BUONI AMICI, E POI SE NE SBATTONO I COGLIONI E SI SENTONO SOLO QUANDO SONO SOLI.BHOOOOOOO!!!!!!
XME QUESTI NN SONO AMICI.CMQ VEDIAMO, MAGARI STO SBAGLIANDO,SPERO DI SI!!
ADESSO BASTA!!!SAI, E DICO DAVVERO NN ME LA SONO MAI PRESA CON TE IN QUESTI TEMPI COSI DISASTRATI!!! 6 TROPPO BUONA, COME FACCIO AD ARRABBIARMI CON TE!!
VA BE, QUAND’è LA TUA FESTA??? E IO DOVREI VENIRE ALLA FESTA DI UNA RAGAZZA COSI STUPIDA MAGARI DEVO FARTI ANKE IL REGALO!!!!MA NN CI PENSO NEANKE!!!!!!!
DIMMI TUTTO STUPIDONA QUANDO,DOVE,KOSA VUOI FARE???? E IO CI SARO!!!”
ULTIMISSIMA KOSA, DIMMI PURE SE SECONDO TE HO SCRITTO DELLE STRONZATE!!!
CIAO.MARIO.
YYYYYYUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUUU!!!!!!!!!!!!!!!!! (n.b. si può eliminare)
Alcuni però sono scossi e toccati dalle grida, sono colpiti dal costante atteggiamento di denuncia di questo messaggio attraverso più linguaggi. È proprio il plurilinguismo che con la sua ridondanza viene inteso come risposta ‘naturale’ al monolinguismo omologante massmediale. Il plurilinguismo viene percepito come la traduzione nel linguaggio poetico-letterario della ‘ricerca degli infiniti universi’, proprio secondo la prospettiva di Giordano Bruno: anche questo è risposta all’omologazione. A differenza di altri poeti che si definiscono d’avanguardia, Gaetano delli Santi, conservando alla parola il suo spessore e il suo peso, non teme il contatto con la tradizione, dove va a ripescare il magma linguistico con tutte le istanze eversive depositate nel linguaggio. Uno degli aspetti che differenziano la ‘Terza Ondata”, a cui delli Santi appartiene, dalle precedenti avanguardie è proprio un più articolato rapporto con il passato e la fine del mito della “novità

Bruno, per gran parte del testo, non fa che inveire contro la barbarie che infesta il mondo in cui si muove come una sconcertante e fastidiosa anomalia. Il suo linguaggio suona alle orecchie abituate a seguire la piatta norma indotta dai media ufficiali come barbaro, brutale, volgare. Eppure per noi è sublime, in noi anzi produce un senso di eccitazione. Si tratta di una seduzione potente, una spinta eccentrica, lontana dal piattume conformistico vomitato incessantemente dagli orefizi dell’omologazione culturale, capace di purificare ed elevare, di fare intravvedere infiniti mondi. Che cos’ha l’invettiva di creativo? Che cos’ha di attrattivo il perturbante?

L’espressione che ha colpito di più i miei studenti è stata proprio l’aggettivo ‘bastarda’ con cui viene definita la lingua di Bruno. È la stessa reazione che di solito gli studenti hanno di fronte all’invettiva di Dante “Ahi serva Italiax”.
Sì concordo con lei: è la forma dell’invettiva che trascina perché trova riscontro nella sete di pulizia e nello spirito di contraddizione dei giovani. Genera antagonismo, trova terreno fertile negli adolescenti. Ciò che lei definisce ‘attrazione del perturbante’ coincide a mio avviso con il desiderio sepolto di uscire dall’omologazione, di distinguersi, di definire l’identità rifiutando ormai pappe omogenizzate offerte dagli adulti-padri o da madri invadenti e accomodanti.

Che legame sussiste tra l’alta moralità ed eticità di “Bruno Redivivo” e il suo linguaggio plurale, sublime e grottesco, scientifico e poetico?
Dice bene: da questo linguaggio traspaiono alta eticità, nuovi valori; al superamento del monolinguismo attraverso più linguaggi (lingua plurale) corrisponde una visione del mondo pluralistica, democratica, antiautoritaria. Il pluralismo implica atteggiamenti aperti alla multiculturalità e all’interculturalità. I giovani, oggi più che mai, sono portati alla mescolanza, a mixare generi e stili: non si meravigliano dell’intersezione di sublime e grottesco, scientifico e poetico. Di tutto ciò trovo ancora una volta una perfetta corrispondenza con quanto delli Santi dice della lingua di Bruno7: “Nel linguaggio – gomitolo di Bruno si ha l’impressione di percorrere a saltelli uno spazio espropriato dalla sua formaxÈ una linea quella del gomitolo linguistico di Bruno che gradualmente s’impossessa d’una lunghezza sempre maggiore; mano a mano che s’avvolge su se stessa assume un volume enfatizzato da una forma che trabocca (46)xUn testo di Bruno, se noi volessimo ridurlo in solido, non potrebbe essere né un cubo, né una sfera, né una piramide, né un parallelepipedo, ma forse solo un rombicubottaedro con atteggiamenti poco ossequiosi verso la semplicità della forma. E se la frase fonde insieme, linguaggi diversi con la tecnica del bricolage, ogni parola in esso è una tessera che ammessa nell’ambiente del discorso, per la sua particolare e incompiuta configurazione, costituisce un pensiero plasmato per compressione in strettoi molto compatti. (47)
Ha notato quanto sia poetico questo linguaggio basato su metafore geometriche? Con quanta efficacia comunica l’idea di complessità dinamica? Saper cogliere senza barriere culturali, senza pregiudizi, superando frontiere, con apertura mentale, tale complessità dinamica della vita, non è forse un obiettivo etico da perseguire nella scuola oggi, andando in controtendenza?

“Bruno Redivivo” è portavoce di tutti coloro che hanno sofferto ogni forma di ingiustizia. In ciò e nella difesa dignitosa delle proprie credenze sta la sua eroicità. È Bruno un eroe attuale? Non richiama Bruno, oltre alle figure degli eretici, anche al Cristo e pure a Nietzsche?
Bruno eroe, anzi ‘antieroe, e per questo ci piace. Sì, Cristo evangelico; sì , Nietzsche oltreuomo

“Bruno Redivivo” nel terzo atto si scaglia contro la Filosofia, la Teologia, l’Arte e la Scienza, allegorizzate come meretrici che tentano di circuire nuovamente Bruno dopo averlo già nella precedente vita ingannato. Non ne esce un esito nichilista? Cos’altro rimane all’umanità?
Esito nichilista. Sì, ma che cosa si manda in frantumi? La fascinazione corrotta di queste meretrici, la prostituzione delle intelligenze più che dei corpi; la pornografia di problemi.
Rimane la possibilità di creare una rete di relazioni creative con gli infiniti mondi e i molteplici linguaggi; l’inserimento di un uomo nuovo in un ecosistema. Se nichilismo è caduta dell’antropocentrismo, proprio questo nichilismo sarà generativo del passaggio dall’egocentrismo all’ecocentrismo: proprio questa conversione rimane all’uomo oggi, se non vuole essere annientato dalle sue stesse invenzioni.

Nell’epilogo “Bruno Redivivo” è condotto al rogo, accompagnato dall’odiosa voce di uno speaker incitante la folla e dal popolo voltagabbana. Qual è l’insegnamento più forte oggi per opporsi e continuare ad opporsi alla condanna a morte, che in questi giorni sciaguratamente è paventata per reati di terrorismo anche da noi in Europa?
Il rogo di Bruno non è solo un documento contro la pena di morte, ma è opposizione contro ogni tipo di morte inflitta dallo strapotere: la morte civile, le imposizioni ottuse e martellanti, le ingiunzioni arroganti degli uomini di poterex

Qual è il rapporto tra ricerca ed elaborazione artistica ed il movimento dei movimenti realmente progressista a cui partecipiamo?
No all’avanguardia che ricerca la novità. Sì all’avanguardia che non rifiuta i legami col passato: anzi si fonda sullo studio, sulla ricerca, sulla coscienza critica del passato. Il dominio dei nuovi linguaggi porta ad un uso creativo degli stessi e non a essere dominati dai tecnicismi; a trovare sempre nuove valenze espressive e non ad affezionarsi a vuoti formalismi.

Come si colloca, a suo avviso, l’operazione di Fabio d’Ambrosio nel panorama editoriale italiano e più estesamente in quello culturale? Le era mai capitato di presentare un libro inedito, pubblicato da una nuova casa editrice e trovarsi di fronte un pubblico di 300 persone? Cosa crede le abbia spinte a partecipare?
Un plauso al coraggio e alla professionalità di Fabio d’Ambrosio: attendiamo con curiosità le sue prossime proposte.
Che cosa ha incuriosito tutto quel pubblico? Forse la forza evocativa del nome Bruno. Forse la multimedialità. Forse la tragedia, genere nuovamente adeguato ai tempi, anzi omologa ai nostri tempi. Forse la novità dei nomi sia dell’editore, sia dei presentatori (sconosciuti alla critica). Forse l’attesa del nome di delli Santi, non sconosciuto nel panorama della ricerca letteraria attuale. Forse l’espressione ‘codice miniato’ nel sottotitolo della presentazione. Chissà?

È tempo di nuova avanguardia artistica? Ha la letteratura nuovamente una funzione sociale?
Sì, oggi più che mai. Basta con la stupideria televisiva che pretende di svolgere la sua funzione consolatoria (falsamente) e evasiva (o meglio oppiacea).
In questo modo l’unica area di resistenza al rimbecillimento generalizzato è la letteratura, se è antagonista.
E mi permetta di dire anche la scuola.

Quale politica è sottesa a questo lavoro e a quello portato avanti da te nelle sue classi di lettura e analisi del testo? Ci può riportare qualche esempio significativo?
Sempre ho ritenuto che la scuola debba fornire competenza e coscienza critica. Se le attivi entrambe per creare cultura e non per trasmettere cultura aiuti a formare menti pensanti. E oggi più che mai abbiamo bisogno di menti pensanti e di persone con le loro intelligenze, le loro competenze, le loro capacità di ‘commuoversi’ per le ingiustizie e protestare e amare e prestare la loro voce a chi non ha voce.
Cito, per concludere, la frase di uno studente, Alessandro, che mi sembra sintetizzi bene il percorso didattico condotto con la IVB del liceo scientifico del G.B.Vico di Corsico: ” Se la realtà che si vive quotidianamente fosse scritta impersonalmente e imparzialmente, adotterebbe una scrittura bastarda” (Cassi).