Getulio Alviani e Gianna Nannini // recensione

foto di fabio d’ambrosio

Vernice di Getullio Alviani e Gianna Nannini. Binomio curioso. Il lavoro proposto dai due come un pezzo unico, faticava a incastrarsi e a farsi sentire omogeneo. Perchè il suono propagato dalle due casse, situate ai vertici della scultura tubolare sospesa, non interferiva acusticamente con le lamiere specchianti di Alviani.

Singolarmente, il pezzo del maestro dell’arte cinetica era impeccabile. Lavorando sulla deformazione dell’immagine riflessa, lavorando sulla relazione tra opera e spazio circostante e soprattutto sul rapporto tra l’osservatore e l’opera stessa, si può serenamente dire che ha ottenuto risultati molto alti.

La scultura appesa al centro della stanza completamente bianca, possedeva una carica di ambiguità notevole. Un tubo articolato in più parti, e scomposto a sezioni verticali alternate permetteva la sua visione interna simultaneamente a più persone.

Ci si poteva affacciare all’interno del tubo con la testa, guardare a destra e sinistra, e vedere altre persone che curiosavano in questo vuoto spazioso, frantumato e aperto.

Il lavoro della Nannini, ha cercato di fondersi con l’operazione di Alviani, proponendo un suono dove il suo canto si mescidava con sonorità tribali provenienti da ogni parte del mondo. I due lavori, presentavano certamente similitudini come il disorientamento, la relazione con un altro da sè, che nel caso di Alviani è il nostro riflesso alterato, nel caso di Gianna Nannini è l’aver riproposto sonorità “proibite” accanto alla sua voce.

Sconsolante è stato il livello di rispetto nei confronti dell’opera appesa al centro della stanza ad altezza d’uomo; spinte, urti, schienate, movimenti bruschi che andavano a evidenziare l’assenza totale di rispetto per quell’opera d’arte.

E’ brutto dover constatare che anche chi frequenta questi spazi sia dotato di scarsissimo rispetto. Quest’ultimo deriva dall’aver riconosciuto l’esistenza di ciò per cui osserviamo rispetto. Nel momento in cui questo viene a mancare, viene il dubbio che l’opera non sia stata nemmeno riconosciuta come “esistente”.