italiano per straniati


Tiziana Colusso

con un saggio di Gaetano delli Santi

poesie

Fabio D’Ambrosio Editore, Milano 2004
pagine 80
€  9,00

L’opera di Tiziana Colusso, di chiara valenza politica, avverte l’urgenza di una parola lapidaria che restituisca nel testo scritto -al pari delle iscrizioni di epoca augustea- le efferatezze sociali compiute dall’uomo sull’uomo nel corso dei secoli e la nostra quotidianità mercificata cova il virus altamente infettivo di una comunicazione didascalica, opportunistica, privata della propria funzione critica.

Di contro a tale imperante qualunquismo, i testi di Tiziana Colusso si compongono di aggregazioni linguistiche che, lontane dall’autoreferenzialità di un codice linguistico pasciuto in se stesso, parlano della concretezza delle situazioni da cui provengono: la poesia è atto di denuncia, onda rabbiosa ed impietosa, parola oscena, esasperato non-sense di una «lingua patria e matrigna», ormai incapace di arricchire l’uomo sia in senso esistenziale che relazionale.

La raccolta di poesie Italiano per straniati di Tiziana Colusso delinea fin dal titolo la dimensione straniante, alienata, di un mondo gravemente malato in cui la peste è dovunque e aggredisce corpi ed oggetti senza alcuna distinzione.
La denuncia degli orrori (il morbo delle stragi di Beslan, Baghdad, Jakarta, l’attacco dell’11 settembre) comincia nell’incipit in prosa del testo e si struttura in sei capitoli che leggono la realtà sotto molteplici ottiche rilevatrici della degradazione della situazione attuale.
In un clima così malato, la poesia è chiamata a svolgere il compito di vaccino sociale ed il linguaggio (Epidemos) è contemporaneamente virus e anticorpo, come l’autrice spiega nel Prologo: «Epidemos è apparizione simultanea del contagio e del Sermone del Contagio».

“Tiziana Colusso: un elastico teso tra Beckett e Buddha: “(…) Le assi cartesiane del libro fissano una grammatica dello straniamento (…) un percorso che procede per aggregazioni di senso e variazioni di lingua, in un libro lucidamente disegnato, strutturalmente solido. (…) Una chimica sottile: su questa ipotesi si snoda l’avventura poetica di Tiziana”. (Mario Lunetta)