Autore e data di composizione: parole e musica di Francesco De Gregori -1986
Periodo/Successo. La produzione di De Gregori ha sempre avuto una doppia faccia: quella fortemente legata alla storia e alla contemporaneità e quella legata a un percorso più personale ed interiore, dove le date – come in questo caso – contano molto meno. Il successo di De Gregori, cominciato negli anni Settanta e proseguito fino ad ora, è dunque dovuto all’alternarsi preciso e sapiente di queste due linee di poetica.
Commento: Questa canzone – per certo una delle più belle e più amate dagli estimatori di De Gregori – evidenzia due caratteristiche tipiche di De Gregori: da un lato l’uso “piano” e regolare della lingua, dall’altro il suo utilizzare metafore e costrutti logico-sintattici inusitati e di estrema e programmatica difficoltà comprensiva. Dice De Gregori: “Le canzoni che scrivo sono per loro natura ambigue, non si prestano a una lettura semplice… mi piace che una canzone possa essere letta in due modi, possa voler dire due cose insieme”. Nondimeno; se volessimo cercare il significato preciso della “Donna cannone” – facendo quel lavoro di anatomia che De Gregori, giustamente, come artista, non vuole e non deve fare – questa sarebbe semplificando una sua parafrasi esplicativa:
La donna cannone, piccolo mostro e piccolo artista, sceglie di morire per amore: crede di volare nell’azzurro del suo sogno d’amore, crede di poter divenire “d’oro e d’argento”, ma invece si incammina verso la morte, cioè verso un “cielo nero nero” e verso un “enorme mistero”, accompagnata in questo ultimo viaggio – un “ultimo treno” preso senza bisogno di passare da nessuna stazione – dal disprezzo e dall’indifferenza di tutti… eppure il suo sogno d’amore è più forte di tutto questo, più forte persino della morte: “e non avrò paura se non sarò bella come dici tu /… e senza ali e senza sete, e senza ali e senza rete (io e te, amore) voleremo via”. Ma, se come dice De Gregori, questa parafrasi non spiega niente del magismo struggente e malinconico della sua canzone, del suo essere un sogno senza speranza eppure raccontato con straordinaria e poetica partecipazione – da notare ancora il gioco sapiente dei pronomi e il contrasto insistito dei colori.
E’ vero però anche che il confronto tra questa pedestre parafrasi critica e il testo di De Gregori ci può aiutare a capire quali siano le caratteristiche della tecnica artistica di De Gregori. Nella “Donna cannone” troviamo un modo particolare di raccontare che spezza – secondo la più tipica tecnica artistica otto-novecentesca – il consueto percorso logico-sintattico per una comunicazione che è sì più ellittica, ma molto più capace di coinvolgere e conquistare – agendo anche attraverso musica e voce – cuore e cervello. In questo De Gregori è coerente con quanto detto da un grande poeta quale Roberto Roversi il quale sostiene che la canzone “arriva veloce al cuore a alla mente dell’uomo”.
Echi letterari De Gregori è un poeta colto e il suo simbolismo deriva tanto da quello di Bob Dylan quanto da quello dei poeti simbolisti francesi: così probabilmente dietro la sua “Donna cannone” – il circo è un tema romantico e decadente – vi è “Le Clown” del poeta francese Theodore Banville (1823-1891): “dal suo abietto palcoscenico / il clown saltò su in alto, così in alto / che sfondò perfino il soffitto di tela… E il cuore – divorato dall’amore – / andò a far capriole fra le stelle”. Ma forse più che cercare fonti ispirative è importante ricordare quel che dice direttamente De Gregori: “Non sopporto chi dice che la canzone è poesia. A volte ti puoi sbarazzare di uno dandogli del poeta. Un conto è dirgli che è comunque un narratore, un altro è pretendere che i suoi versi conservino un senso anche se avulsi dalla musica” (cfr. l’Unità, 30 sett. 1992 e in “Cantautori Italiani” n°7).
Influenze sulla musica successiva: De Gregori ha giocato un ruolo fondamentale nella storia di due grandi artisti italiani. Nei primi anni Settanta ha aperto al rock e a Bob Dylan Fabrizio De Andrè stanco degli chansonnier francesi (molto del modo di scrivere di De Gregori lo si ritrova poi in un altro grande amico e successivo collaboratore di De Andrè, il cantautore Massimo Bubola); in seguito -ma ancora negli anni Settanta – ha insegnato a un Lucio Dalla orfano del paroliere e poeta Roberto Roversi lo sforzo di dire i propri sentimenti.