Materiale occorrente: predisposizione a mettersi in gioco per misurarsi con fattualità nuove (nonostante la maschera della consuetudine), appositi penna e agile taccuino (un calepino) sempre pronto ad essere sfoderato all’occorrenza (vedremo come e secondo quali modalità).
…materiale alla mano, come operiamo in concreto?.. dato che tanto s’è detto dell’esperienza nel campo…
Una precisazione: si tratta di un lavoro accurato, approfondito, studiato e non dogmatizzato. Nulla viene fatto a caso: il testo non viene scritto di getto e gli esperimenti non sono casuali. L’esperienza va preparata: negli incontri propedeutici è necessario orientarsi in una direzione scritturale precisa, capire le modalità di ricerca del materiale con cui poi costruire il testo, sperimentare pratiche e registri verbali, avvicinarsi alla letteratura che ha sviluppato temi e stili che rientrano nell’ambito del nostro percorso.
Naturalmente la pratica continua della realtà e della scrittura prosegue una volta terminato l’incontro: durante la settimana dobbiamo raccogliere nel calepino tutti i frammenti di vissuto che colpiscono i nostri sensi (brandelli di frasi, scritte, dati olfattivi,…). Attenzione! I frammenti devono restare tali: quindi niente articolazioni o manipolazioni!, pura e semplice trascrizione immediata (annotiamo solo il luogo-circostanza in cui i dati sono stati percepiti).
Questo procedimento di raccolta verrà poi focalizzato ed intensificato quando, il venerdì seguente, ci immergeremo corporalmente nella schizofrenia sensoriale dell’esperienza del luogo prescelto. Dopo aver discusso assieme ed esserci confrontati, provvederemo, durante la settimana, ad effettuare una cernita dei brandelli di materiale raccolto indirizzata alla produzione di un testo di uno specifico genere, tema, situazione.
Insomma, se venerdì scorso s’è parlato di frammento, di costruzione verbale analitica, anatomica di una data situazione e della microtestualità matematica di Mallarmé non è certo un caso.
Procediamo con ordine: cos’ha a che vedere tutta questa pappardella di cose apparentemente prive di collegamento con la “scrittura per strada”?
Considerato che la comunicazione oggigiorno funziona perlopiù per stralci verbali e che conforme a tale disposizione è anche l’operare percettivo del nostro corpo nel contesto metropolitano, aggiungiamo che una scrittura concitata (come quella, ad esempio, costituita da una serie di frammenti) racchiude in poche parole molte azioni; più azioni più velocità.
Il testo acquista così una dinamica tridimensionale, perché dell’evento si rende una percezione a 360° che ne condensi tutti gli aspetti captati: non escludere elementi classicamente ritenuti estranei, eterodossi -e perciò eliminati- significa accettare i reali effetti di straniamento indotti da percezioni contrastanti, inserti improvvisi ma pescati nel vivo dell’esperienza cinestesica.
È chiaro dunque che necessita una vivisezione anatomica del tessuto reale di cui andremo a scrivere. Questo tipo di analisi può peraltro ritornare nel testo stesso.
Prendiamo, ad esempio, la descrizione capillare di un ambiente domestico la quale svia di continuo lungo ramificazioni potenzialmente infinite: fatti a cui subentrano altri fatti, parentesi storiche, personali, ma tutto puntualizzato in maniera metodica, poi ancora apparizioni stranianti, descrizioni cesellate al minimo dettaglio,… si tratta di elementi che entrano nel romanzo di G. Perec La vita. Istruzioni per l’uso perché sono scarti del nostro vissuto, che ritorna -a seconda di come ci muoviamo nella nostra esperienza del mondo- come un flusso di coscienza esistenziale (ma realistico), motivo per cui l’autore è ricorso alla microtestualità.
Microtesto: una sola parola può cambiare tutto. La costruzione di frammenti verbali corporei, su cui si concentra l’attenzione del lettore, genera effetti dirompenti.
In Un colpo di dadi non abolirà mai il caso Mallarmé espone da subito all’occhio del lettore dei frammenti verbali all’apparenza sbranati a caso: in realtà lo scheletro strutturale -che sostiene non solo l’assetto visivo, bensì anche quello fonetico, sensuale ed immaginativo della poesia- calibra le singole cellule microtestuali e le distanze bianche che ne accelerano o rallentano il moto, restituendo una visione ed una lettura simultanee della pagina come unità complessa.
Il linguaggio di Mallarmé -frammentario, primordiale, disturbato, figurativamente schizofrenico e che per queste caratteristiche richiama l’assemblage dell’oggetto-parola dadaista o la frantumata visione a 360° dei pittori e poeti espressionisti e cubisti-, non fingendosi lineare, si apre genuino in più discorsi, in microtesti (anche singole parole) che interagiscono plasticamente grazie ad una attenta ricostruzione matematica a partire dal titolo-tema.
Riassumiamo quanto fin qui raccolto per prepararci al lavoro settimanale e all’esperienza di venerdì prossimo: frammenti, costruzione rigorosa, analisi, microtestualità.
Una domanda: durante la settimana andremo a prelevare campioni di realtà direttamente dal suo tessuto vivo, ma come iniziare un avvicinamento ad una modalità operativa e testuale così distante dalla consuetudine?
Abbiamo tentato un esperimento che rispondesse a questa domanda e che chiamasse in causa gli elementi sopra citati. Lo riproponiamo ora:
1- chiudete gli occhi, lasciateli abituare al buio. Aspettate ancora. Quindi spalancateli di colpo, inchiodatevi alla prima immagine ricevuta ed enunciatene i dati ottici percepiti, per quanto possibile senza interpretazioni sovrastrutturali: è necessario registrare fedelmente tutti i frammenti apparentemente sconnessi, i segmenti di immagini pronunciati da ognuno.
2- raccolti gli stralci, cominciate il lavoro di analisi e quello di costruzione: trivellando le immagini, le espressioni, le singole parole, scegliete un tema a partire dal quale scrivere un brano con i soli precisi frammenti registrati (si tratta di elaborarne una forma-significante, ma accuratamente pensata). Il testo viene così organizzato con rigore e calcolo matematici.
3- abbiamo ottenuto tre elaborazioni che, mantenendo il carattere schizofrenico dei frammenti, addensano dunque l’attenzione del lettore sulle singole parole o espressioni informate nello scheletro calibrato sul tema scelto.
Questo iniziale approccio alla microtestualità analitica (una scrittura in cui ogni frammento -anche una singola parola- concentra su di sé il testo e da solo può stravolgerne l’andamento) sarà funzionale alla prima esperienza nel campo: raccogliere i frammenti di percezioni che colpiscono i nostri sensi, annotarli, studiarli, analizzarli e organizzarli in una geometria precisa, ovvero calcolare come struttura la scelta e la costruzione dello spazio del significante linguistico -lo scheletro visivo e fonematico della parola.
L’esperienza di venerdì 08 giugno sarà dunque una vera e propria pesca ragionata con successiva cernita orientata della fauna di vivi frammenti raccolti: mentre saremo immersi nel flusso cinestesico della realtà, la rete dei nostri sensori tratterrà tutti i dati setacciati, che verranno scrupolosamente registrati nel calepino. Conclusa l’uscita, sarà necessario scegliere il tema ed il genere di testo su cui lavorare durante la settimana, iniziando a costruirne l’ossatura, la geometria strutturale.
Detto questo: calepino alla mano, aperti i canali sensoriali, costruito un baule di frammenti di vissuto, ci vediamo venerdì 8 giugno, ore 18.00 nella piazzetta antistante palazzo reale.
Elisa Gastaldi