lezione tenuta da Gaetano delli Santi
Paul Valéry
“Tutti quanti tendono a leggere quello che tutti avrebbero potuto scrivere.”
Poeta, scrittore e studioso di varie discipline, Paul Valéry (Sète 1871- Parigi 1945) può essere a pieno titolo considerato un personaggio poliedrico e ricco di contraddizioni, da annoverare tra i grandi pensatori del novecento.
I suoi studi su Stéphane Mallarmé, in particolare, ci danno una panoramica chiara delle teorie e della poetica del grande poeta di fine ottocento.
Riguardo Mallarmé, Valéry chiarisce immediatamente la singolarità della sua scrittura, che negando la semplicità di una letteratura per sé e del piacere, impone confusione e smarrimento e quindi sfida la mente, attraverso una struttura solida, matematica. Per Valéry, legato all’accuratezza illuminista, Mallarmé ha avuto la capacità di superare il romanticismo, ridando forma alle strutture tecniche e quindi portando il classicismo all’estremo.
Il risultato è un metodo, che partendo dalle teorie di Egdar Allan Poe (il romanzo inteso come componimento scientifico) e passando per la poetica di Charles Baudelaire, riuscirà a farsi distante dalle aspettative del lettore, dando vita alla vera POESIA ASTRATTA. Ancora una volta ritroviamo la capacità dell’artista d’avanguardia che negando la letteratura di piacere e piccolo borghese, scatena la fatica quale sfida all’intelligenza del lettore ed è quindi in grado di penetrare profondamente nella mente e nell’animo.
La poesia di Mallarmé, dice Valéry, richiede una continua tensione mentale, colpisce le abitudini e l’insolenza del lettore, aprendo le porte all’attività celebrale.
Tutto nella poesia di Mallarmé è calcolo preciso, matematica che si argomenta in sintassi rigorosa, in scelte attente non più al significato di per sé, ma allo straniamento e quindi al continuo rimando, all’apertura di infiniti sensi e di infiniti mondi.
In un’epoca in cui il romanticismo era diventato la norma e quindi aveva perso la sua forza dirompente, Mallarmé si riappropria delle metodiche illuministe classiche, scardinandone però i significati precostituiti, per esplorare nuovi percorsi inusuali e quindi disarmanti.
Se il Romanticismo aveva decretato l’abolizione della schiavitù dell’Io dalla gabbia del classicismo, liberando i linguaggi e aprendo le possibilità espressive all’infinito, al dubbio e alla non consequenzialità, secondo Valéry esso ha finito per fossilizzarsi in un “bel gioiello”, senza la potenza d’avanguardia degli esordi. Eppure è per la capacità del Romanticismo di essere necessità sociale, di proiettare la propria poetica socialmente e politicamente, e non solo di essere un’esigenza individuale, che si può pienamente considerare questo movimento letterario e artistico come la prima avanguardia moderna.
Mallarmé avrà l’intuizione di riprendere questo carattere romantico e di sommarlo al rigore illuminista, costruendo sulle ceneri dei vecchi movimenti letterari la rivoluzione della poesia astratta e dei suoi matematici accostamenti sintattici. Il risultato delle poesie-calcolo di Mallarmé è la libertà e l’astrazione dei frattali matematici; è l’ampiezza del tempo musicale che permette al pensiero di vagare tra le immagini, assaporandone tutto il retrogusto sinestetico.
Paul Valéry non riuscirà mai a concepire un intreccio tra prosa e poesia, rimanendo relegato ad una separazione illuminista e classicista del tutto inadeguata ai nuovi sperimentalismi letterari del secolo: sarà una delle più evidenti contraddizioni di uno tra i grandi pensatori del novecento.