la decrescita vista dal prof. Di Stefano

Le iniziative organizzate dalle reti locali e dai Gruppi di Acquisto Solidali* per approfondire le varie problematiche legate allo sviluppo sempre più incontrollato e alle possibili soluzioni, si stanno diffondendo a macchia d’olio. Sono occasioni per conoscere, soprattutto, perché l’ignoranza determinata dai grassi flussi comunicativi mondiali è veramente immensa, ma sono anche opportunità per approfondire alcuni temi scottanti e di forte attualità legati alla contemporanea ondata di crisi finanziaria dei grandi gruppi bancari e assicurativi.

Ieri sera, per esempio, l’attivissimo G.A.S di Milano Baggio ha organizzato una serata di approfondimento sul tema dello sviluppo e sulle possibilità di intraprendere la strada della decrescita con tre studiosi quali Andrea Di Stefano, direttore del mensile Valori ed esperto di economia sociale, finanza etica e sostenibilità, Mauro Bonaiuti, professore di “Istituzioni di economia” all’Università di Modena e Reggio Emilia e Davide Biolghini, coordinatore del Forum Cooperazione e Tecnologie e conoscitore di reti solidali.

Ammettiamo che la serata, vista la mole degli argomenti, la quantità di pubblico, la stessa sfaccettata e preparata presenza degli ospiti poteva e forse doveva essere organizzata in maniera più accattivante evitando di prolungarsi così lungamente, con il rischio che il pubblico abbia realmente assimilato troppo poco.

Detto questo, le spiegazioni erano tali e tante che sarebbe impossibile riportare qui l’intera discussione, largamente supportata dalle numerose domande del pubblico a fine serata, segno che i ragionamenti economici non possono essere relegati a mero strumento gestionale in uso a pochi, ma necessità sempre più impellenti per analizzare l’oggi e il nostro futuro.

Interessante a questo proposito non solo l’esame sulla crisi finanziaria del Prof. Di Stefano, ma anche la ricerca di spiegazioni più generali al senso della nostra società e soprattutto alla mancanza di concretizzare anche il più piccolo atto per cercare soluzioni alle numerose tragedie del oggi, dalle varie crisi economiche, alla esaurimento del petrolio, quale motore principale di tutta la nostra vita, all’incremento della popolazione in modo non conforme alle stesse risorse disponibili, dall’aumento degli inquinanti alle modifiche climatiche.

Secondo il prof. Bonaiuti, infatti, le ricerche sin qui condotte, sembrano imputare all’assenza di una rappresentazione condivisa della realtà, l’attuale immobilità della società nella ricerca di soluzioni alle problematiche in corso. Quante volte sentiamo al telegiornale o leggiamo sui giornali esperti e politici, studiosi e scienziati dare più o meno allarmati notizie sulle gravi e grandi problematiche ecologiche, economiche e sociali in atti? Da quanti anni? Eppure nulla si muove: scarsi i progressi, scarsa la volontà, scarso il potere. Di fatto tutto è rimasto immobile e nessun cambiamento reale di marcia è stato posto in essere, da chi può, per evitare catastrofi ben maggiori. Perché? Il prof. Bonaiuti spiega che in mancanza di un’unica visione, in presenza cioè di quella che viene definita come la società liquida, troppo piena in altre parole di molteplici valori, concezioni, stili di vita, risulta impossibile convogliare le energie verso una soluzione, qualunque essa sia.

A questo bisogna aggiungere un ulteriore elemento di blocco. La diffusione dell’economia di mercato, con i suoi principi di continua crescita, produce costantemente una spirale di dissoluzione costante dei legami sociali. Il mercato, infatti, necessitando di una rete del tutto impersonale, atta all’esclusivo compito del vendere, tende a sciogliere, così come è successo, i legami sociali anche allargati, in modo che l’individuo, ormai solo, trovi nel mercato la risposta a tutti i suoi bisogni e sia quindi costretto a rivolgersi alla compra-vendita per lenire ogni sua necessità.
Questo spiega brillantemente come mai ci sia sempre più la ricerca ossessiva della catastrofe: è sulla base del dolore individuale o sociale, che si creano i più grandi bisogni e su cui è possibile fare molteplici affari. Il che vale per la ricerca continua del conflitto, della guerra, certo, ma anche, in piccolo, per la speculazione televisiva sul dolore, per esempio.

Le spirali create dall’attuale modello socio-economico sono molteplici, così come sono ormai del tutto chiare le crescite vertiginose imposte dallo stesso modello a tutte le variabili negative in gioco. In sostanza, è con lo sviluppo della società industriale e con il legame di tutte le nostre attività al petrolio che si vede svilupparsi in maniera esponenziale anche le seguenti variabili: crescita della popolazione, dei costi, dei vari inquinanti, cambiamenti climatici, diminuzione proporzionale delle risorse disponibili, dei legami sociali, aumento delle migrazioni con crescente instabilità economiche ecc.

In altre parole, da una parte si rende evidente l’ammissione del fallimento di questa idea di sviluppo progressivo e illimitato, che già studi degli anni ’70 avevano reso palese se non altro in merito alla disponibilità di risorse limitate del nostro pianeta (e sin qui non possiamo che, per l’ennesima volta, imputarci le colpe della nostra lungimiranza da talpa!), dall’altra bisogna anche ammettere che siamo ormai arrivati all’apice della nostra crescita e che ora possiamo solo iniziare una lunga e inesorabile discesa critica. Siamo in crisi, come società e come modello, ma forse qualcuno di voi se n’era già accorto prima del collasso delle borse!

Il collasso ci spiega ancora il prof. Bonaiuti arriva normalmente quando un meccanismo diventa talmente complesso, che i costi per farlo funzionare superano i benefici. Gli schemi di analisi, inoltre, del PIL, sempre più o meno in crescita, rispetto sia alla percezione della soddisfazione personale degli individui, sia rispetto all’indicizzazione oggettiva dello sviluppo scorporato dei costi cui è sottoposto (sociali, economici ed ambientali) sono da questo punto di vista illuminanti: il PIL è in salita, mentre la percezione di miglioramento da parte degli individui e la crescita materiale oggettiva risulta sostanzialmente rimasta invariata dagli anni 60 ad oggi.

Conclusioni? A questo punto la DECRESCITA, ovvero la ricerca di un modello non più fondato sull’accumulazione, il lavoro, la produzione e il consumo, ma su un modello di attenzione alle risorse e di progressivo rallentamento, con relativo ripensamento di tutto il sistema economico e sociale, non è più un’utopica via alternativa auspicata da pochi illuminati e qualche alternativo personaggio che ama il biologico e ricostruisce reti sociali basate sul consumo critico, ma una via obbligata e a questo punto dolorosissima, perché imposta dalla fine della risorsa numero uno per noi, cioè il petrolio, e dal parallelo dissesto della finanza mondiale.

Quello che serve, spiegano inoltre Di Stefano e Biolghini, è, non solo proseguire sulla strada segnata dalle esperienze dei G.A.S. e delle reti solidali che in questi anni hanno di fatto creato un modello alternativo di consumo, che abbassa notevolmente l’impatto ambientale, creando nello stesso tempo vincoli solidaristici territoriali e mondiali, ma ripensare totalmente il sistema economico tagliando notevolmente la tassazione sul lavoro e aumentando, invece, le tasse al consumo. Solo in questo modo sarà possibile salvaguardare le classi più povere, favorendo il cambio di tutte quelle abitudini dannose che si basano sul iper-consumo. L’inversione di marcia, in altre parole passa dal cambiamento di stili di vita e per questo serve maggiore cultura (certo l’ennesimo taglio alle risorse scolastiche non va in questa direzione), una nuova cassetta degli attrezzi e molta molta attitudine alla sopravvivenza.

Forse ricominceranno a stare in piedi gli ultimi, quelli che sono rimasti fuori da questo sviluppo, arrancando e che domani saranno più pronti di noi occidentali a restare in piedi facendo sacrifici. Beata la teoria di Darwin che riequilibrerà il mondo!

* G.A.S.: Gruppo di Acquisto Solidale, ovvero gruppi di individui che, partendo da un approccio critico al consumo, sperimentano acquisti collettivi basati sulla ricerca di prodotti a basso impatto ambientale, preferibilmente biologici o da agricoltura meno inquinata e inquinante, favorendo prodotti locali o equo-solidali, di piccoli produttori, con una grande attenzione alle condizioni lavorative delle persone. Si sono sviluppati in Italia dal 1994 ed oggi sono una realtà ben organizzata e sviluppata (25.000 famiglie), al punto che per sino le recenti finanziarie ne hanno dovuto prendere atto chiarendone le dinamiche di tassazione al consumo.