the stuff – la roba, 1985, larry cohen
[SPOILER ALERT su questo film e su Breaking Bad per chi non l’avesse visto]
the stuff: un titolo simile a the thing, la cosa (con blob e ultracorpi come voci correlate), in italiano stuff, il gelato che uccide – sottotitolo peculiare, che fin dall’inizio ci fa capire come letteralmente tutto nel film venga preso con ironia, e risulti grottesco, quasi paradossale, senza nessuna spiegazione.
il tono diventa sarcastico contro il sistema, fa ridere di cose che sarebbero serie, anche se le battute a volte non fanno ridere!
un po’ come la scena di the mandalorian dove gli stormtrooper si fermano e parlano del più e del meno e sono veramente stupidi, banali come solo dei soldati che eseguono gli ordini possono essere, non riescono a fare niente, nemmeno a tenere the child.
il film come già accennato è una frecciata continua contro il sistema americano, uno stigma del consumismo, del capitalismo e dell’estremizzazione dello sfruttamento del marketing.
contribuisce senza perdono non solo a marchiare ma a condannare le falle della società, un po’ come il coronavirus. ci riporta alla realtà una volta che riusciamo ad avere uno sguardo minimamente (basta poco) straniato.
la stigmatizzazione non risparmia niente e nessuno, nemmeno l’allegra famigliola, in cui la pecora nera bambino (perché solo un bambino vede lo yogurt-gelato che si muove nel frigo e non lo vuole mangiare) dice subito che la roba è veleno, mentre i suoi genitori, suo fratello e così anche milioni di americani lo mangiano senza problemi.
andiamo, a chi non piace il gelato, con quell’irresistibile gusto zuccherino e dolce?
la pubblicità lanciata da nicole kendal (la pubblicitaria che è anche una protagonista) vede due cerchi che si sovrappongono a formare un disco su cui poi appare la scritta The Stuff (tutta ovviamente colorata e glitterata, a caratteri capitali e tondeggianti, perché l’accomodante gusto dolce unito al colore e al tondo è perfetto).
lo stuff viene dalla terra, anzi precisamente dalla neve, come si vede nella prima scena, non si sa da quale pianeta, e come tutte le presenze aliene è un aut aut, o peggior nemico o migliore amico, o lo si disprezza, e ne si ha paura, o lo si adora, come il dio denaro. o ci sei dentro o sei fuori. e il diverso viene sempre malvisto, come david “malf” (= malfidato) rutherford, sabotatore di industrie ed ex agente fbi (buttato fuori dall’fbi) che diventa investigatore sulla questione stuff, con l’aiuto di charles hobbs, leviatanico (?) carro armato con “le mani più forti e veloci d’america”, detto cioccolatino charlie, che ha perso tutto proprio per colpa dello stuff.
si forma una resistenza dunque con a capo malf, e al suo fianco la pubblicitaria nicole che ha compreso la pericolosità del prodotto che ha lei stessa lanciato, cioccolatino charlie, e jason, il bambino pecoranera.
jason è il bambino che perde la famiglia perché non accetta di sottomettersi allo stuff e non esita a buttarsi nella macchina di un tizio a caso (malf) perché non ha speranze e deve scappare. indimenticabile il dialogo brevissimo e intensissimo tra i due:
“chi sei tu?”
“l’ho visto muoversi”.
allora è così che si riconoscono gli amici in tempi bui.
alla squadra si aggiunge un imponente militare (subito colpito dalla bellezza di nicole), a capo dell’unico esercito americano, colonnello malcolm grommett spears, il cui acerrimo, eterno nemico è il comunismo, da cui vuole difendere e salvare gli americani ma nessuno lo capisce. sempre emarginato da bambino perché “il più grosso”, vorrebbe migliorare la sua immagine. ha una radio dove fa annunciare di proibire e bandire il prodotto da tutti i negozi, tutti i frigoriferi, tutti i fornitori, ritagliandosi così un posto glorioso nella storia della lotta al coronavirus… ops, allo stuff.
il film è considerato horror anni ’80 … in realtà non fa paura ma tiene col fiato sospeso, l’horror non è splatter, fa quasi sorridere persino, come quando la faccia di cioccolatino charlie si apre in due come quella dimezzata di gus fring in breaking bad.
da notare che nei film di solito i cani riconoscono subito uno zombie o un infetto da un virus che fa diventare violenti e dimentichi di sé e del mondo circostante … in questo invece un alano enorme di un anno appena impazzisce per il gelato, cade preda anche lui dello stuff e finisce per uccidere il suo padrone!
allora bisogna riflettere su quando e quanto uomo sia animale.
la presa in giro continua anche sulla retata del vero e unico esercito americano, quello del colonnello spears, contro la miniera dello stuff. i soldatini si muovono piano e quasi come marionette, sotto la guida del colonnello, che conosce a memoria la strategia: se vi prendono, non opponete resistenza!
la scena dell’assalto alla fabbrica dello stuff, è rocambolesca quanto ridicola. malf ha rubato il camion cisterna per spiare la fabbrica dello stuff e scappare con nicole e jason. insieme ai soldati lo guida tranquillamente fino alla miniera dello stuff dove incontrano il custode (vestito di giallo come gli altri operai, che devono trattenersi dal non finire quella robaccia) e uno dell’unico esercito americano gli dice: “vi ho riportato il camion, magari ho diritto a un premio in denaro?”
c’è quasi da stupirsi che non voglia una percentuale di stuff gratis … ma di questo il tizio in giallo non sembra preoccuparsi e finisce a terra con un semplice pugno (anche per questo molte scene del film riescono ridicole).
la ciliegina sulla torta è patrick o’neal, per chi non lo conoscesse interprete di viktor in spazio 1999, che impersona l’imprenditore che ha sfruttato la scoperta dello stuff (perché non è un’invenzione ma una pura, estrema, marketizzazione di qualsiasi cosa capiti a tiro).
il pentimento definitivo, catartico, di nicole la rende un’eroina nazionale, insieme a chi ha contribuito a combattere il nemico-coso, il colonnello malcolm grommett spears, david malf rutherford (david, che forse ha combattuto contro il gigante golia-gelato), e ovviamente il piccolo grande jason (che si chiama come l’eroe mitologico giasone, il cui nome deriva dal greco e significa taumaturgo, guaritore, e la radice è la stessa dell’ebraico yehoshua, cioè il più noto… gesù!).
i nostri eroi cercano di distruggere il nemico-coso, bruciandolo (il fuoco spesso è l’unica cosa che può eliminare una sostanza aliena… c’è da esser lieti che in questo caso funzioni!), in una lotta senza esclusione di colpi ma il gelato resiste strenuamente e purtroppo non finirà, andrà avanti a vivere nel contrabbando … proprio come la roba.
nel finale abbiamo un fenomenale contrapasso: jason regge tra le braccia uno scatolone con un’enorme quantità di contenitori da yogurt dello stuff che i colpevoli (viktor di spazio 1999! e il suo collega) che hanno provocato la catastrofe, sono obbligati a mangiare, sotto minaccia della pistola di malph, fino a che la roba non uscirà dalle loro orecchie…
lo stuff è un nemico che distrugge, fagocita, e divora dal di dentro, crea un’ineluttabile dipendenza, ed è proprio su questo che si basa la marketizzazione.
non è mai abbastanza
sentenzia l’insegna di un negozio …
e poi c’è la questione di vita o di morte:
siete voi che lo mangiate o è lui che mangia voi?
che è un po’ la ricerca del senso della vita, come ci fa notare lo straordinario mondo di gumball, forse è sempre meglio mangiare che essere mangiààà….
questo film ha sicuramente dei limiti, recitazione, doppiaggio, effetti speciali… ma è da ammettere che l’idea è geniale.
POSSIBILI COLLEGAMENTI INTERDISCIPLINARI
in questi tempi bui, ci permettiamo di dare consigli di lettura sul tema.
la letteratura russa ci viene sempre in aiuto quando si parla di cibo, e allora ecco i signori golovlëv, di saltykov-ščedrin, in cui regna l’inerzia dell’
io non so niente, non permetto niente, e non decido niente.
è vera e propria ignavia, perché fa tutto qualcun altro, in questo caso il cibo, nel film lo stuff, che sostituisce tutto perché è il cibo ritenuto sano e nutriente, riempie ogni vuoto, non c’è bisogno d’altro. non è mai troppo ma è sempre troppo poco.
nei golovlëv a proposito del tema dell’essere mangiato ritorna inquietante il pensiero lei mi divorerà, sullo sfondo dell’illusione della vita buona, mentre è una vita di stenti morali e intellettuali, dove la golosità porta alla morte – esattamente come lo stuff.
ed ecco anche un’altra operetta, i proprietari di vecchio stampo di gogol’, in cui una proprietaria ucraina dell’800 si prende cura del marito preparandogli minuziosamente deliziosi piatti e conserve, a ogni ora del giorno, in un’esistenza abitudinaria dove tutto è al proprio posto, nella quotidianità ripetitiva e consolatoria, e in cui lei detiene le chiavi della dispensa. finché per un nonnulla il placido e sereno castello in aria crolla rovinosamente, provocando la catastrofe.
il tema del desiderio eccessivo di cibo adombra la mancanza totale nella loro vita coniugale del desiderio sessuale, tesoro (in russo klad) nascosto nel termine russo per dispensa, kladovaja.
da ultimo, in questa carrellata di interdisciplinarietà, ricordiamo un capolavoro, la grande bouffe di ferreri con marcello mastroianni, e la merda che tutto ingoia, punisce gli ingordi inglobandoli come una grande matrigna distruttiva e omogeneizzante, come in conclusione lo stuff.
[alice pareyson]